La nostra missione

La missione della Compagnia è quella di riscoprire e seguire la antica tradizione del pellegrinaggio “devotionis causa”, in particolare sull’asse delle tre principali mete della cristianità: Gerusalemme – Roma – Santiago. Per far questo effettuiamo almeno un pellegrinaggio all’anno di confraternita; organizziamo convegni sul tema del pellegrinaggio; accogliamo i pellegrini che transitano a Terni e gestiamo il Cammino dei Protomartiri Francescani. 

La meta da raggiungere è l’incontro con il Signore alla fine di quel viaggio che è la nostra stessa vita, il cui autentico fine è la visione del volto di Dio: “  Il Tuo volto, Signore, io cerco” (Salmo 26). Il nostro motto è: “La vita è cammino, la Via è Cristo e la meta è il Cielo” Durante il cammino della nostra vita il Signore ci chiede di riconoscerlo e amarlo in ogni fratello che incontriamo, straniero o conosciuto che sia, com’è scritto nel Vangelo di Giovanni: “ Che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato”.

Caratteri del Pellegrinaggio

Distinguiamo il pellegrinaggio da un viaggio condotto per turismo o semplice curiosità, anche se molte volte si parte turisti e si arriva pellegrini.

“Beato chi trova in Te la sua forza e decide nel suo cuore il Santo Viaggio” (Salmo 84)

Il pellegrinaggio condotto dalla Compagnia ha le seguenti caratteristiche:

♦ viene effettuato con il nostro sacerdote, guida spirituale indispensabile, che viene chiamato “cappellano”;

♦ vuole essere un punto di riferimento e un elemento di evangelizzazione per tutti quelli che desiderano avvicinarsi a Nostro Signore. Il nostro vivere ed esistere come Compagnia deve essere di esempio per trasmettere il messaggio evangelico della carità cristiana;

♦ vuole essere un tempo opportuno (“kairòs”) per interrogarsi sul senso della vita, per farne una revisione ed aprirsi al progetto di Dio su di essa;

♦ mira a nutrire la dimensione spirituale dei partecipanti, anche attraverso la contemplazione del Bello nel creato e nell’arte, superando la dimensione puramente materiale della vita;

♦ offre un tempo forte per costruire la pace dentro di sé e con gli altri, nella lentezza del cammino a piedi e nella condivisione con i compagni di cammino;

♦ propone la semplicità nello stile del viaggio, per riscoprire ciò che è veramente essenziale portare con sé anche nella vita;

♦ crea tra i partecipanti uno stile di condivisione e fratellanza: attendere chi è più lento, fermarsi accanto a chi è in difficoltà, aprirsi al dialogo con chi fa un pezzo di strada con noi, sopportare insieme le avversità, incoraggiarsi a vicenda, dividere l’acqua e il cibo, accompagnare chi resta solo…;

La nostra icona evangelica per raffigurare il cammino sono i discepoli di Emmaus

I discepoli prima di incontrare Gesù avevano imboccato la via sbagliata del loro Cammino «… Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus…e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo…  la via della tristezza e della delusione … Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute… Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l’hanno visto».

I discepoli grazie alla loro insistenza caritativa ricevono il dono di vedere il Risorto …Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno gia volge al declino» …  e comprendono che cammina sempre con loro nella vita quotidiana Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista.

I discepoli dopo averlo riconosciuto … Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?».  diventano testimoni del Cristo Risorto …E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme…Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.    (Lc 24,13-35)

Caratteri dell’Accoglienza

“Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo” (Ebrei 13,2)

“Ero forestiero e mi avete ospitato” (Mt 25,35). Oggi per noi il forestiero è innanzi tutto e drammaticamente l’emarginato, cioè lo straniero, il clandestino, il malato mentale, lo zingaro… Pensare all’accoglienza dei pellegrini non vuol dire sfuggire alla responsabilità posta da queste persone, ma è anzi farsene carico in maniera più ampia che con un intervento diretto: formando una cultura dell’accoglienza, attraverso il recupero di antichi e semplici atti che per secoli sono stati praticati presso tanti popoli che hanno considerato l’ospitalità un gesto sacro.

Il modello da seguire è quello codificato nella Regola dei Monaci di San Benedetto al Capitolo LIII  – L’accoglienza degli ospiti  

1.   Tutti gli ospiti che giungono in monastero siano ricevuti come Cristo, poiché un giorno egli dirà: “Sono stato ospite e mi avete accolto”;

2.   e a tutti si renda il debito onore, ma in modo particolare ai nostri confratelli e ai pellegrini;

3.   quindi, appena viene annunciato l’arrivo di un ospite, il superiore e i monaci gli vadano incontro, manifestandogli in tutti i modi il loro amore;

4.   per prima cosa preghino insieme e poi entrino in comunione con lui, scambiandosi la pace;

5.   nel saluto medesimo si dimostri già una profonda umiltà verso gli ospiti in arrivo o in partenza;

6.   adorando in loro, con il capo chino o il corpo prostrato a terra, lo stesso Cristo, che così viene accolto nella comunità;

7.   dopo questo primo ricevimento, gli ospiti siano condotti a pregare e poi il superiore o un monaco da lui designato si siedano insieme con loro;

8.   si legga all’ospite un passo della sacra Scrittura, per sua edificazione, e poi gli si usino tutte le attenzioni che può ispirare un fraterno e rispettoso senso di umanità;

9.   se non è uno dei giorni in cui il digiuno non può essere violato, il superiore rompa pure il suo digiuno per far compagnia all’ospite;

10. l’abate versi personalmente l’acqua sulle mani degli ospiti per la consueta lavanda;

11. lui stesso, poi, e tutta la comunità lavino i piedi a ciascuno degli ospiti;

12. e al termine di questo fraterno servizio dicano il versetto: “Abbiamo ricevuto la tua misericordia, o Dio, nel mezzo del tuo Tempio”;

13. specialmente i poveri e i pellegrini siano accolti con tutto il riguardo e la premura possibile, perché è proprio in loro che si riceve Cristo in modo tutto particolare e, d’altra parte, l’imponenza dei ricchi incute rispetto già di per sé;

14. così pure la foresteria, ossia il locale destinato agli ospiti, sia affidata a un monaco pieno di timor di Dio;

15. in essa ci siano dei letti forniti di tutto il necessario e la casa di Dio sia governata con saggezza da persone sagge.

Come contribuire a formare uno spirito di accoglienza in noi stessi e nella nostra città? Noi intendiamo farlo, con l’aiuto di Dio:

♦ ricevendo visitatori e ospiti senza farli sentire “stranieri”;

♦ prendendo a modello della nostra missione lo spirito di accoglienza e carità ben rappresentato dal comportamento del Buon Samaritano;

♦ ricercando nell’altro il volto del Cristo viandante.

Ogni confratello si impegna a dare testimonianza con la propria esistenza della parabola evangelica detta del Buon Samaritano (Lc 10, 30-37) .“Gesù riprese: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?”. Quegli rispose: “Chi ha avuto compassione di lui”. Gesù gli disse: “Va’ e anche tu fa’ lo stesso” .